Teatro

MATRIMONIO SEGRETO A TREVISO

MATRIMONIO SEGRETO A TREVISO

Come accade per tutti grandi capolavori operistici, il merito del successo de "Il matrimonio segreto" - successo che perdura ininterrotto sin dalla celebre prima viennese del febbraio 1792, allorché Giuseppe II la volle ripetuta tutta subito da cima a fondo dopo aver rifocillato gli artisti - deve essere ripartito equamente tra qualità del libretto e bellezza della musica. L'intreccio è gradevole, scorrendo fluido e naturale in un clima di fresca gaiezza; i personaggi hanno ben poco dei soliti clichées, e rappresentano caratteri - siano comici come Geronio e Fidalma, di mezzo carattere come il conte Robinson e Lisetta, oppure patetici come Paolino e Carolina - che non sono né troppo caricaturali, né troppo leziosi. Insomma, si tratta di figure che si mostrano sempre garbate e divertente, e cariche di umanità: tanto che quando sul congegno del Bertati cala dall'alto la preziosa musica di Cimarosa, adattandovisi perfettamente, quelle figure di commedia si trasformano in personaggi vivi, reali, palpitanti. Musica affatto convenzionale, per inciso, quella del compositore di Aversa, profusa con dovizia di invenzioni melodiche e grande raffinatezza compositiva. Massimo Mila, volendo citare un commentatore autorevole e di poche parole, vi ravvisava «ricchezza e vivacità musicali inesauribili, malizioso commento orchestrale, armonia toccante e pateticamente espressi,  tutto contemperato nella magia e nel divino equilibrio dello stile».
Non è la prima volta che questo lavoro viene messo nel bando del Concorso "Toti Dal Monte" di Treviso - credo anzi sia su per giù la quarta volta in oltre cinquant'anni di vita: ma "Il matrimonio segreto" possiede pur sempre il pregio di poter mettere in lizza ben sei parti diverse. Di cui, quest'anno, solo cinque assegnate dal momento che, per il ruolo di Paolino, non sono emersi interpreti convincenti. Segno evidente e dolente della perdurante crisi di vocazioni tenorili constatata anche in tante altre competizioni. Così il ruolo è finito nelle mani di un sicuro professionista quale Filippo Adami, tenore lirico leggero che non possiede una voce bellissima, ma in compenso è un  buon modello di tecnica, naturale nel legato ed elegante nel fraseggio: doti assai rare, oggidì, come ben sanno i nostri lettori. E che poi, con adeguato spirito interpretativo, riesce a trovare le giuste sfumature per rendere appieno il carattere gentile e un po' remissivo del personaggio affidatogli. Quanto alla scelta della sua partner, Carolina, la giuria del "Toti Dal Monte" non mi pare abbia avuto fortuna con il giovane soprano albanese Dorela Cela, che ha deluso le aspettative. Non ha saputo suscitare grande impressione, per il poco il volume di voce in mostra (e quel poco non è neppure troppo degno di nota); difetta poi il carattere, ed è tutta la linea vocale ad apparire poco curata ed incisiva. Di modo che nella stupenda scena che apre l'opera, tutta pervasa di deliziosa intimità, l'incontro tra i due segreti amanti finisce con un secco 3 a 0 a favore dell'uomo. In compenso, ben azzeccata mi è parsa la scelta di Loriana Castellano, mezzosoprano pugliese che ha saputo dare il giusto spicco e valore musicale ad un personaggio spiritoso come quello di Fidalma, reso con garbo ed una condotta vocale ineccepibile. Abbastanza appropriata la prestazione del soprano veneziano Giulia Semenzato nei panni di Elisetta: partita un po' in sordina, ha preso forza e messo in mostra uno stuzzicante brio, e reso con la giusta eleganza ed esattezza l'aria "Se son vendicata". Un momento che - con "Pria che spunti in ciel l'aurora" di Paolino, con i suoi delicati melismi - si pone come uno dei passi più impegnativi della partitura. Resta da dire delle voci gravi, quelle del basso livornese Fabrizio Beggi e del basso vicentino Andrea Zaupa. Entrambi si sono dimostrati ben preparati tecnicamente e dotati di grande musicalità, oltre che di una scioltezza scenica ragguardevole: il primo ha plasmato un Geronimo simpatico ed amabilissimo, più attento al portafoglio che alla vanità sociale ma per nulla babbeo, come capita talora di vedere; il secondo un Robinson vitalissimo ed esuberante, e con una sapida screziatura di guizzante cinismo nella sua ciarliera chiassosità: grazie a loro il comico duetto ("Se fiato in corpo avete…Se mi ascoltate un poco") che li vede contrapposti a cercare una sistemazione matrimoniale acconcia, è stato uno dei momenti più alti della serata. C'è da dire che in questo, come in altri momenti, si avvertiva assai la presenza dell'avveduta regia di Italo Nunziata, pronto a mettere in piedi uno spettacolo agile e divertente disseminandolo di piccoli tocchi raffinati ed intelligenti. La scenografia ideata da Pasquale Grossi rappresentava un grande salone stipato di mobili ricoperti da drappi, di volta in volta scoperti ed utilizzati dai personaggi; quattro grandi armadi pieni di oggetti, mossi di continuo di qua e di là, fungevano da sipario mobile mutandone la volumetria. Suoi anche gli aggraziati costumi, che spostavano senza nessuna forzatura la storia in pieno clima ottocentesco. Ottime le luci di Patrick Latronica.
La direzione musicale di Josè Antonio Montaño  mi è sembrata nell'insieme sempre corretta e calibrata; condotta all'insegna d'una luminosità tutta settecentesca, è stata tenuta sul filo della vaporosità e dell'eleganza di suono sin dalla graziosa Sinfonia introduttiva. Valido supporto del giovane maestro madrileno è stata l'Orchestra Regionale Filarmonia Veneta, duttile e disciplinata, ed apprezzabile per leggerezza e precisione di suono.
Questa felice edizione de  "Il matrimonio segreto" verrà portata a maggio 2013 al Comunale di Ferrara, e nell'autunno seguente al Sociale di Rovigo, i due teatri che hanno coprodotto l'allestimento con il Comunale di Treviso.